Sulle tracce di Hammurabi: Laneri ha presentato le nuove scoperte archeologiche in Iraq

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«Siamo orgogliosi di queste ricerche che testimoniano l’interesse dell’Università di Catania verso territori lontani in questi anni oltre alla competenza dei nostri ricercatori. Il tutto grazie alla sinergia con lo State Board of Antiquities and Heritage iracheno e grazie al supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale». Con queste parole il rettore Francesco Priolo ha aperto, nell’aula magna del Palazzo centrale, i lavori della conferenza dal titolo “Sulle tracce di Hammurabi – I risultati degli scavi archeologici a Tell Muhammad”, per presentare i risultati della seconda campagna di scavi della missione archeologica “Baghdad Urban Archaeological Project” dell’Università di Catania, realizzata in collaborazione con lo State Board of Antiquities and Heritage iracheno e grazie al supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale.

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«Proprio in questo campo il nostro ateneo da sempre è protagonista come testimonia il fatto che proprio domani a Siracusa celebreremo il Centenario della fondazione della Scuola di specializzazione in Beni archeologici dell’Università di Catania», ha aggiunto il rettore Francesco Priolo.

Un punto ripreso anche dalla direttrice del Dipartimento di Scienze umanistiche, Marina Paino, che ha sottolineato come «il Disum in questi anni ha aggiornato i propri curricula, in particolar modo con l’attivazione di quello in Archeologia orientale, confermando la particolare attenzione a questo settore di ricerca di cui il dipartimento vanta da sempre studiosi catanesi di caratura internazionale e la presenza a Catania di studiosi provenienti da altri atenei».

A seguire Chiara Franchini, vice ambasciatore italiano a Bagdad, ha sottolineato «l’importanza della presenza dei ricercatori italiani in questi territori che hanno permesso di effettuare scoperte importanti sulla storia di questa terra utili alla istituzione di un Parco archeologico che rappresenterebbe un tassello importante».

«Realizzare un parco archeologico a Bagdad significherebbe creare opportunità sul piano socio-economico per questo territorio, tramite una nuova fonte di turismo archeologico, e rafforzare quell’identità nazionale di un popolo che in questi decenni ha registrato numerosi conflitti – ha aggiunto nel portare i saluti dell’ambasciatore Maurizio Greganti-. Stiamo ricostruendo Bagdad e l’Iraq con azioni di supporto e cooperazione attiva e reciproca fondate sulla pace tra i popoli».

Per questi motivi il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale e l’ambasciata italiana supportano la missione archeologica “Baghdad Urban Archaeological Project” dell’Università di Catania per tutelare il patrimonio archeologico iracheno. Quest’ultimo rappresenta uno strumento di pace dalla forte valenza sociale e economica per il territorio anche perché le attività, oltre alla conservazione e restauro, prevedono la formazione di operatori locali e quindi creiamo crescita professionale con tecnologie avanzate. L’Italia riveste un ruolo fondamentale sia nell’ambito della ricerca, sia nella promozione della pace», ha detto in chiusura di intervento.

Sulle ricerche si è soffermato l’archeologo Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente al Disum, che ha sottolineato come «la seconda campagna di scavo a Tell Muhammad a Baghdad conclusa nel settembre scorso ha confermato i preziosi indizi emersi durante la stagione precedente e cioè che la città fu fondata all’inizio dell’epoca Paelobabilonese (età di Hammurabi) per essere poi abbandonata circa 250 anni dopo in corrispondenza della cosiddetta ‘Caduta di Babilonia’ (1595 a.C.) da parte del sovrano Ittita Mursili I, come del resto evidenziato dai testi storici di Tell Muhammad, la cui straordinaria scoperta risale agli anni ’80».

«Gli scavi si sono focalizzati sul far emergere il complesso sistema di fortificazioni e di gestione delle acque che segnava il versante nord-orientale della città – ha aggiunto -. Qui è stato scavato per circa 40 metri il muro di cinta che delimitava un canale o, addirittura, un porto fluviale rivolto verso il fiume Tigri. La porta apriva verso un sistema di ingresso che prevedeva una scala che conduceva ad una ampia terrazza soprelevata con annesso torrione e un canale che faceva parte dell’intricato sistema di fognatura della città. In particolare, il canale fognario era caratterizzato da un sistema di contrafforti interni e di tubazioni in terracotta che favorivano e velocizzavano il deflusso delle acque reflue. Alla sommità della scala si trovava un torrione e, all’interno dello spiazzale esterno, era posizionata una cisterna per la raccolta dell’acqua che in una fase successiva venne trasformata in fossa di scarico».

«Negli spazi interni alla cinta muraria sono anche stati scoperti edifici legati alla lavorazione dei cereali e alla panificazione, oltre che dei forni che avevano anche la funzione di liquefare il bitume, fondamentale per l’impermeabilizzazione dei vasi e dei luoghi legati alla gestione dell’acqua», ha precisato l’archeologo evidenziando che ad oggi gli scavi hanno interessato 2,5 ettari dell’area, circa 1/4 dell’insediamento originario.

«Straordinaria la scoperta di un bagno con foro e latrina sottostante e di uno spazio sacro con altare e tombe dedicato al culto degli antenati (in Babilonese kispum) attestato nei contemporanei testi in cuneiforme – ha aggiunto -. Anche gli oggetti scoperti durante questa seconda campagna di scavo sono di fondamentale importanza perché, insieme alle forme ceramiche tipiche dell’epoca Paleobabilonese, sono stati trovati tre preziosi sigilli cilindrici con funzione amministrativa che presentano iconografie e iscrizioni tipiche di questa epoca. Nel mese di febbraio saremo nuovamente lì per effettuare attività di restauro dei mattoni crudi grazie ai fondi del Pnrr».

«Insieme a questi sigilli, sono state scoperte placchette votive in terracotta con iconografie femminili, modellini di letti legati al matrimonio sacro e figurine di musici tutti elementi tipici della tradizione babilonese della prima metà del II millennio a.C.», ha detto di chiusura dell’incontro che ha registrato la presenza di numerosi studenti universitari e del Liceo classico “Cutelli-Salanitro” di Catania.

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